Ecco come piante e animali riconquistano i territori devastati dagli incendi.
I drammatici incendi in Australia hanno messo in luce uno dei pericoli più gravi che la crisi climatica sta provocando: la velocissima diffusione del fuoco in ambienti aridi. Ma allo stesso tempo permettono di studiare le dinamiche che il fuoco (anche il più devastante) provoca negli ambienti naturali e di riflettere sull’incendio come fattore ecologico.
Il fuoco infatti ha un impatto importante e spesso negativo su piante e animali selvatici, ma alcuni sistemi si sono invece adattati ad esso. E, paradossalmente, alcune specie non possono vivere senza le fiamme. Quello che accade però è diverso se il fuoco ha distrutto un bosco sulle Alpi o una porzione di macchia mediterranea, ettari di bush australiano o una foresta tropicale.
In un ambiente adattato al fuoco, infatti, com’è appunto la macchia mediterranea o i boschi di pino domestico, dopo che l’incendio è spento (naturalmente o meno), la natura può riprendere il terreno perduto. Di solito lo fa a stadi, a tappe, in quella che si chiama successione ecologica.
Alcune specie, anche con un incendio, non muoiono e possono “ricacciare” i germogli molto rapidamente. Per esempio la sughera e alcuni pini sono protetti dalla spessa corteccia o dall’altezza raggiunta nei primi anni di vita, superiore a quella di incendi che bruciano il sottobosco. Altre piante, come i cisti, sono in grado di far spuntare i rametti (definiti polloni) dalle radici che resistono al fuoco. In altre ancora i semi sono resistenti al fuoco, e germogliano appena l’incendio è passato. Fino a quelle in cui i semi invece germogliano solo quando l’incendio li ha “attivati”, cioè scaldati.
In particolare in alcune specie di pini i semi sono protetti dai cosiddetti “coni serotini”: le squame sono protette da resine che il fuoco scioglie. I semi, di conseguenza, cadono e possono produrre nuove piante. Altre specie vegetali che rapidamente riguadagnano terreno sono le felci: alcune di essi hanno gemme dormienti a pochi centimetri nel sottosuolo, che rispuntano in fretta. Anche le loro spore sono resistenti al fuoco, e rispuntano in fretta dopo l’incendio.
In generale, le specie a crescita vegetativa ricostruiscono abbastanza in fretta l’ambiente percorso dal fuoco. Pian piano arrivano anche specie proveniente da ambienti circostanti, come il camenerio (Epilobium angustifolium) che cresce rapidamente dopo un incendio. Le piante erbacee a rapidissima crescita preparano così il terreno per altre specie più robuste, come arbusti o piccoli alberelli. Insieme a quelle già presenti e sopravvissute al fuoco, queste specie ricostruiscono un ecosistema sempre più complesso e stratificato, fino a tornare, nel giro di qualche anno, alla situazione originaria.
Per quanto riguarda gli animali, a parte quelli che si sono salvati in buche nel terreno o tane (come testuggini o anche serpenti), i primi ad arrivare “da fuori” sono insetti o ragni. Secondo l’estensione della zona, l’ecosistema è rapidamente colonizzato poi da uccelli (che addirittura seguono il fuoco alla ricerca di prede morte o spaventate) e infine dai mammiferi.