Tra i grandi fiumi, due su tre sono interrotti da dighe o altre opere: ecco la nuova fotografia dell’impatto dell’uomo sulla natura e la biodiversità.
I lunghi fiumi che scorrono con ininterrotta continuità dall’origine alla foce sono ormai una rarità: uno studio pubblicato su Nature mette in evidenza come quasi due terzi dei fiumi più lunghi della Terra abbiano subito una o più “battute d’arresto” nel loro percorso a causa di dighe, bacini di raccolta, interventi di regolazione dei flussi o altre forme di sbarramenti artificiali.
Solo il 37% dei fiumi più lunghi di 1.000 km è ancora libero di scorrere senza ostacoli per tutta la sua lunghezza, e solo il 23% fluisce senza interruzioni fino al mare. Le grandi vie d’acqua garantiscono la sicurezza alimentare a centinaia di milioni di persone, perché forniscono sedimenti fertili per l’agricoltura, mitigano gli effetti di siccità e inondazioni e contribuiscono alla salute dei loro ecosistemi.
La mappa dei fiumi terrestri e degli interventi umani sul loro corso. | GRILL, G. ET AL., NATURE
IL CENSIMENTO. La mappa che mostra lo stato delle reti d’acqua dolce della Terra è stata elaborata da un gruppo di ricercatori della McGill University (Canada), che in dieci anni di lavoro ha raccolto dati su 12 milioni di km complessivi di fiumi, per un totale di 300.000 fiumi, e studiato circa 25.000 immagini satellitari.
Su 246 fiumi più lunghi di 1.000 km, 90 (37%) soltanto restano liberi di scorrere senza interruzioni. Gli altri sono in qualche ostacolati nel loro flusso da opere di ingegneria idraulica, per la produzione di energia idroelettrica (pagata cara in termini di biodiversità), per l’approvvigionamento di acqua, per il recupero di sedimenti.
I POCHI SUPERSTITI. Gran parte dei lunghi fiumi ancora liberi di scorrere si trova in regioni remote di Artico, Amazzonia e Congo, ma proprio nel bacino amazzonico è atteso un boom di opere di ingegneria idraulica per la generazione di energia idroelettrica. Nelle aree più densamente popolate del Pianeta rimangono pochissimi fiumi ininterrotti, come l’Irrawaddy (Myanmar) e il Salween (Asia sud-orientale).
Per fare fronte alle sue necessità l’uomo ha costruito 2,8 milioni di sbarramenti, tra grandi e piccoli, e 3.700 sono attualmente in costruzione. I fiumi più corti sono, per le loro dimensioni, i meno “interessanti”: il 97% di quelli tra i 10 e i 100 km di lunghezza scorre ancora ininterrotto. Una percentuale che cala sensibilmente con l’aumentare della lunghezza.
MODELLI DA RIPENSARE. Cambiamenti climatici e consumo di suolo sono destinati a peggiorare la situazione: per non prosciugare la linfa vitale che irrora la Terra sono necessari interventi ponderati, capaci di combinare necessità umane e rispetto degli ecosistemi. Tra i vari scopi per cui utilizziamo l’acqua, la produzione di energia idroelettrica (che non è del tutto corretto considerare “energia rinnovabile”) è quella che può prestarsi ai maggiori (e migliori) cambiamenti: «La produzione di energia da eolico e solare», afferma Michele Thieme, scienziata esperta di vie d’acqua dolce del WWF, «se gestita correttamente, rappresenta un’opzione migliore nella direzione del rispetto dei fiumi e per le comunità, le città e la biodiversità che da essi dipendono».