Sotto il ghiaccio che avvolgeva il nostro Pianeta in una delle fasi climatiche più estreme (Terra Palla di neve) c’erano oasi di ossigeno che proteggevano la vita.
Tra i 720 e i 635 milioni di anni fa, la Terra si trasformò, nell’arco di poche migliaia di anni, in una gigantesca “palla di neve”. Il Pianeta blu bruscamente precipitato in un paio di ere glaciali consecutive, fu avvolto da una spessa coltre di ghiaccio che ricoprì mari e continenti, formando una gabbia candida che mise a repentaglio la sopravvivenza della vita (all’epoca distribuita soprattutto negli oceani).
RIFUGI PER RESPIRARE. Le glaciazioni possono innescare estinzioni di massa, e la crosta di ghiaccio che ricopriva i mari impediva ogni scambio di ossigeno e luce con l’atmosfera. Eppure qualche distante antenato degli odierni animali riuscì a sopravvivere: in che modo? Secondo uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, grazie alla presenza di oasi di ossigeno disseminate sotto i ghiacci.
UN INDIZIO SCHIACCIANTE. Lo studio è partito dall’analisi di alcune rocce di colore rosso formatesi durante il periodo della Terra Palla di neve (Snowball Earth), e ritrovate nell’Outback australiano, in Namibia e nella Death Valley, California. Il rosso segnala la presenza di ferro, e in particolare di ferro arrugginito: affinché la ruggine si formi sulle rocce come su un paio di vecchie forbici è però necessaria la presenza di ossigeno, la stessa condizione indispensabile alla vita. Se una roccia che all’epoca si trovava sul fondale oceanico appare arrugginita, significa che persino in quell’oceano chiuso da una morsa di ghiacci doveva esserci ossigeno.
LA QUESTIONE DELLA RUGGINE. Quella trovata da Max Lechte, geologo della McGill University (Canada) e Malcolm Wallace, dell’Università di Melbourne (Australia), è la prima prova diretta di ambienti marini ricchi di ossigeno nella Terra Palla di neve. Già, ma senza scambi gassosi con l’atmosfera, come riuscì ad arrivare, l’ossigeno in mare?
I ricercatori hanno dissolto campioni delle rocce in soluzioni acide per analizzare la distribuzione dei diversi isotopi del ferro. Si sono così accorti che il ferro delle rocce che si trovavano in mare aperto era meno arrugginito di quello nelle rocce più vicine alla costa, dove le piattaforme glaciali continentali si protendevano verso il mare.
Un’altra “palla-di-neve” nello Spazio: Encelado, la luna di ghiaccio di Saturno, che potrebbe anche ospitare la vita. | NASA/JPL/SPACE SCIENCE INSTITUTE
BOLLE D’ARIA. Oggi sotto alle piattaforme glaciali antartiche si formano ruscelli di acqua di fusione che vanno a ossigenare l’Oceano meridionale: quest’acqua trasporta infatti con sé le bolle d’aria che erano intrappolate nei ghiacci. L’ipotesi è che qualcosa di analogo sia accaduto anche nella Terra Palla di neve: in prossimità della terraferma, le acque di fusione riuscivano ad ossigenare i mari e sostenere la vita in oceani altrimenti anossici. Secondo gli scienziati, queste pompe di ossigeno potrebbero aver favorito sopravvivenza ed evoluzione di organismi eucarioti aerobici durante questi episodi di estrema glaciazione.