L’interprete di Draco Malfoy ha scritto un’autobiografia ricca di retroscena sulla saga del maghetto. Ecco quelli più divertenti
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Draco Malfoy – incredibile ma vero – compare solo per 31 minuti durante gli otto film della saga di Harry Potter. Il Serpeverde acerrimo nemico del Bambino Sopravvissuto (a cui presta il volto Daniel Radcliffe) resta comunque una delle figure-chiave nei romanzi di J.K. Rowling (editi in Italia da Salani). Il suo interprete, Tom Felton, oggi ha 35 anni e per quella performance spalmata in oltre dieci anni di riprese ha portato a casa più o meno 14 milioni di sterline.
La sua infanzia magica nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts (che nel mondo babbano corrisponde ai Leveasden Studios, poco fuori Londra) l’ha raccontata nel memoir Senza la bacchetta (Vallardi). Più della metà del libro è un viaggio tra i ricordi del mondo di Harry Potter & co., che non conosceva affatto quando si è presentato ai provini. Queste e molte altre curiosità vengono svelate con grande autoironia e sincerità (la seconda parte si fa più seria e parla della lotta alle dipendenze, ma questa è un’altra storia). In occasione dei 20 anni dall’uscita al cinema del primo film, Harry Potter e la pietra filosofale, l’interprete di uno dei personaggi iconici della storia condivide con i fan cosa voglia dire varcare davvero la soglia della Sala Grande e immergersi in un mondo pieno di meraviglia e incanto (che nella realtà ha qualche risvolto tragicomico).
Le follie dei fan
“Un tizio in America aveva formalmente cambiato il proprio nome in Lucius Malfoy e quello di casa sua in Villa Malfoy. Voleva che anch’io cambiassi il mio nome in Draco Malfoy e che andassi a vivere con lui. Mia madre declinò gentilmente l’offerta”
Gli scherzi telefonici con Daniel Radcliffe
“Ci fu una fase in cui lo scherzo preferito mio e di Daniel era cambiare la lingua dei telefoni in modo che fosse difficile ritrovare il percorso per reimpostare l’inglese. Robbie (Coltrane, interprete di Hagrid, ndr.) fu spesso il bersaglio di quello scherzo perché la sua reazione era esilarante. Socchiudeva gli occhi, si guardava intorno e mormorava: «Chi è quello st***o?» Sembrava fosse pronto a uccidere, ma in realtà stava solo calandosi nello spirito del gioco”.
Rupert Grint paga pegno
“Di solito era divertente quando a qualcuno prendeva la ridarella sul set. Chris Columbus aveva una pazienza pressoché infinita, e va detto che ha poco senso prendersi la briga di creare un ambiente allegro se poi devi dare addosso alla gente che si fa una risata. Ma non può neanche esserci un’ilarità costante. Arriva il momento in cui devi quagliare. Così Columbus aveva inventato un sistema per gestire quelle situazioni. Ogni volta che chiunque di noi disturbava una ripresa riceveva un cartellino rosso, che significava dover mettere dieci sterline in una borsa; alla fine, il ricavato sarebbe stato dato interamente in beneficenza.
Era un buon piano per tenerci in riga, ma non sempre funzionava. Rupert Grint era uno dei trasgressori più impenitenti. Credo ci abbia rimesso più di 2.500 sterline solo nei primi due film, tanto era incapace di controllarsi quando partiva a ridere”.
Il primate disturbatore
“La scena è quella della prima lezione di Trasfigurazione della professoressa McGranitt. Gli studenti sono seduti ad antichi banchi, di quelli un po’ inclinati con il coperchio che si alza, e lungo tutto il perimetro della stanza ci sono le gabbie degli animali: serpenti, scimmie, tucani, e anche un babbuino abbastanza incivile. Il babbuino in questione era – come posso metterla? – inconsapevole delle sottigliezze dell’interazione sociale e del galateo, e soprattutto di quale sia il comportamento appropriato da adottare di fronte a un gruppo di ragazzini. Che è un giro lungo per dire che durante la scena dovemmo fare i conti con l’invadenza piuttosto deconcentrante di un primate che si masturbava. Molte riprese dovettero essere scartate per via dell’autoerotismo del babbuino sullo sfondo”.
La verità sul campo di quidditch
“Quando l’aiuto regista gridava: «Drago!», oppure: «Bolide!», dovevi guardare la pallina da tennis come se fosse, beh, un drago o un bolide. A volte ce n’era più di una e, visto che si assomigliavano tutte, a un certo punto iniziarono a usare oggetti più personali. Scegliemmo immagini di qualcosa o qualcuno che ci stava a cuore. Daniel Radcliffe scelse la foto di una bellissima Cameron Diaz. Io scelsi la foto di un’ancora più bella carpa. Cioè, non c’è gara…”.
Stipendi magici per spese babbane
“Entrambi (si riferisce a Rupert Grint, ndr.) facevamo la stessa cosa con lo stipendio: ce lo godevamo alla grande. Se veniste a casa nostra trovereste una marea di cianfrusaglie assurde. Io mi comprai un cane, lui si prese un lama. Due, a dire il vero, che in un paio d’anni diventarono sedici (i lama si riproducono con entusiasmo, a quanto pare). Come me, anche lui si comprò una quattroruote coi controfiocchi. Ma mentre la mia era una BMW decapottabile (tettuccio aperto anche a rischio assideramento), lui coronò uno dei suoi sogni d’infanzia spendendo il suo sudato stipendio in un furgoncino dei gelati, con il quale senza pensarci due volte si presentò al lavoro e si mise a distribuire a tutti gelati gratis. Prese anche a guidare per paesini dimenticati da Dio e a regalare gelati a bambini che restavano a bocca aperta nel vedersi allungare un cono da Ron Weasley in persona. Era assurdo, ma in un certo senso perfettamente in linea con Rupert”
L’abbraccio di Voldemort
“Se da un lato ci pensò Jason (Isaacs, interprete di Lucius Malfoy, ndr.) a mettermi a mio agio sul set, dall’altro ci fu un attore che fece esattamente il contrario. Di tutti gli attori mitologici che ho conosciuto, nessuno aveva la presenza di Ralph Fiennes. […] Mi ritrovai a essere il destinatario degli idiosincratici metodi recitativi di Ralph quando girammo la scena finale della Battaglia di Hogwarts. […] Lui mise le sue (braccia, ndr.) intorno a me e mi strinse nell’abbraccio forse più sgradevole mai fermato su pellicola. Persino sul set mi si gelò il sangue. Un abbraccio da Voldemort faceva paura a Draco, ed era altrettanto imbarazzante per Tom. Mi fece venire la pelle d’oca, e ancora mi viene se ci ripenso. Avremmo fatto cinquanta take in totale”.
Cuore di padre
“Chiamo ancora Jason Isaacs, che interpretava Lucius, papà. […]perché è il miglior secondo padre che un figlio potrebbe desiderare”.
Emma Watson, anima gemella
“(Ai provini, ndr.) Mi si avvicinò una ragazzina curiosa. Aveva capelli castani crespi e non doveva avere più di nove anni. Indicò il microfono. «Quello cos’è?», mi chiese. Alzai gli occhi, con aria supponente e annoiata. Forse sogghignai addirittura. «Quello cosa?”.
“Quello”.
“Vuol dire che ci stanno registrando. Ovvio.» Le voltai le spalle e andai a farmi un giro, lasciandola a guardarsi intorno ad occhi sgranati. Più tardi venni a sapere che il suo nome era Emma Watson. Era la sua prima volta in quell’ambiente. Non so se qualcuno abbia origliato il nostro breve scambio ma, se fu così, devono aver visto in me un barlume di Serpeverde”. […]
“Non credo di essere mai stato innamorato di Emma, ma le volevo bene e la ammiravo in un modo che non sono mai riuscito a spiegare a nessuno”.
L’addio agrodolce
“A volte la gente rimane sorpresa del fatto che io non abbia mai riletto i libri di Harry Potter e nemmeno riguardato i film per intero, première a parte. È capitato che mi trovassi con gli amici davanti alla tv e che ne passassero uno, scatenando le inevitabili prese per il culo sullo sfigato di Harry Potter e il coglione sulla scopa. Ma non mi sono mai seduto a guardarli di proposito, dall’inizio alla fine. Non perché non ne sia orgoglioso. Al contrario. Li sto tenendo da parte per il momento nel futuro che aspetto con più impazienza: condividere quelle storie – prima i libri, poi i film – con i miei piccoli Babbani”.